Meglio tardi che mai. Arriva dal Ministero della salute con unacircolare del 3 aprile, un aggiornamento delle indicazioni sui test diagnostici e sui criteri da adottare nella determinazione delle priorità sull’emergenza Covid.
In sostanza si mette finalmente in opera un’attività che doveva essere già avviata diverse settimane fa – almeno a sentire la comunità scientifica – ovvero l’uso dei tamponi su specifiche categorie, a partire dagli operatori sanitari, per individuare eventuali positivi sia sintomatici che asintomatici.
Il Ministero della Salute, nella premessa del documento, mette subito le mani avanti: fino ad ora abbiamo seguito le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Come a dire: se fino ad oggi non abbiamo esteso a queste categorie i tamponi non è stata colpa nostra.
Al tempo stesso, sempre aderendo a quelle che sono le linee guida dell’organizzazione internazionale, riconosce che l’uso dei tamponi, definiti “approcci diagnostici basati sul rilevamento del virus in secrezioni respiratorie attraverso metodi di RT-PCR per amplificazione di geni virali da SARS-CoV-2”, sono quelli più attendibili e vantaggiosi, dando così una piccola spallata ai test diagnostici e ai vari kit che hanno popolato il sottobosco della sanità privata in queste settimane. Tanto da aver condotto la Regione Toscana, due giorni fa, ad emanare un’ordinanza per impedire l’uso di kit diagnostici di dubbia validità già diffusi sul territorio tramite laboratori privati, assicurando la denuncia dei soggetti alla Protezione Civile e la requisizione dei kit.
Un Far West, questo dell’uso dei kit diagnostici, nello specifico sierologici, che si è diffuso a macchia di leopardo in Italia.
A chi si deve fare il tampone
La circolare quindi individua le categorie che dovranno essere sottoposte a tampone in via prioriaria:
- i casi sintomatici – come era già previsto, se pur spesso lasciati a casa senza tampone – ed anche ai loro contatti a rischio;
- gli operatori sanitari,
- i residenti nelle Rsa e nelle strutture per lungodegenti;
- coloro che vivono in ambienti ristretti; (tipo case di riposo, ma anche carceri?)
- chi ha un’infezione respiratoria;
- i malati fragili.
La novità è che saranno sottoposti a tampone anche gli operatori di servizi pubblici essenziali anche con sintomi lievi, lavoratori di Rsa asintomatici, così da identificare eventuali focolai e agire tempestivamente.
In allegato alla circolare vie2ne riportato l’elenco dei kit diagnostici e delle aziende certificate produttrici e/o distributrici, secondo quanto predisposto dal Comitato Tecnico-Scientifico (CTS).
Più tamponi meno sierologici
Il provvedimento ricorda che la diagnosi molecolare (ovvero l’analisi con tampone) deve essere eseguita presso i laboratori di riferimento regionali e i laboratori aggiuntivi individuati dalle regioni, ovvero accreditate o in corso di accreditamento, perché hanno strumentazione validata e seguono protocolli corretti: insomma niente più sottoboschi di privati e speculatori pronti a vendere kit e test a prezzi a volte proibitivi. Anche perché i test sierologici – specifica sempre la circolare, per puntualizzare ulteriormente – non offrono risultati attendibili.
Il ministero bacchetta le regioni
Il Ministero della Salute entra quindi a gamba tesa nella gestione regionale della pandemia, mettendo ordine ad iniziative intraprese da alcune Regioni, ma determina anche la priorità con cui devono essere sottoposti a tamponi i pazienti, sulla scorta anche dei ritardi nella risposta dell’analisi, della carenza di reagenti – denunciata dal territorio – dall’impossibilità di stoccaggio dei campioni in modo sicuro e dal sovraccarico del personale di laboratorio, ammettendo dunque che il livello nazionale non può risolvere un problema di penuria di materiali, analisti e reagenti purtroppo presente in tutta Italia.
Collettivo Emera
photocredit © Sara Minelli