MES, Coronabond, Recovery fund: tutto quello che avreste voluto sapere e non avete mai avuto il coraggio di chiedere

In questi giorni si sente parlare molto di due strumenti finanziari europei per aiutare i paesi in difficoltà a causa della crisi pandemica ma non solo:  il MES senza condizioni e i Coronabond o Eurobond. Le dichiarazioni e gli schieramenti politici sul tema si sprecano e si riflettono sulla scena politica nazionale. Venerdì al Parlamento Europeo si è votato l’istituzione di un Recovery Fund e a favore dell’attivazione del MES. I gruppi italiani hanno dimostrato la capacità di votare con grande creatività. Su un emendamento presentato dai Verdi per mutualizzare il debito europeo per i danni economici del COVID19, quindi mettere in atto i coronabond, hanno votato insieme Pd, 5 stelle e Fratelli d’Italia e contro Lega e Forza Italia (l’emendamento è stato poi bocciato). Sul Recovery Fund PD e 5 Stelle si sono divisi mentre hanno votato a favore i deputati di Forza Italia (col PD e Italia Viva), così per l’attivazione del MES i cinquestelle hanno votato contro a differenza di PD, Italia Viva e FI.
Oggi il premier Conte appare con un’intervista sul Suddeutsche Zeitung mettendo in guardia sul MES «Non ci dimentichiamo come è finita con la Grecia». Giovedì è previsto il Consiglio europeo in cui la discussione su questi strumenti andrà avanti. 

Per cercare di capirci un po’ di più al di là della battaglia politica nostrana Covid Italia News ha intervistato Andrea DI Stefano direttore della rivista Valori.it e autore del programma di Radio Popolare di informazione economica “Il giorno delle Locuste”.

Cosa sono Mes e Corona bond e qual è la differenza?

«Iniziamo col dire che la denominazione coronabond non ha nessuna aderenza legale , semmai dovremmo chiamare eurobond finalizzati. Comunque partiamo dal MES (ESM), Meccanismo di Stabilità Europea un fondo che viene chiamato salva-stati, creato durante la crisi  del debito sovrano dai paesi in zona euro (2011-2012), che ha una dotazione finanziaria consistente messa insieme con finanziamenti diretti degli Stati compresa l’Italia. Si stima che oggi sia di 480 miliardi. I meccanismi finora che regolano l’adesione o la richiesta di sostegno da parte del MES, fino ad ora, erano condizionati. Ovvero il MES presta dei soldi in cambio dell’attuazione di specifiche politiche di bilancio che sono normalmente austerity e riforme che in realtà sono tagli al bilancio per pagare i debiti pregressi e quelli concessi dallo stesso MES.  Si tratta di condizioni che di fatto andavano a sostituire quelle che precedentemente erano chiamate della famigerata Troika cioè BCE Fondo Monetario Internazionale e Commissione Europea. Questo però era la situazione prima della pandemia. Nell’ultimo Eurogruppo (Riunione ministri dell’Economia zona Euro ndr) è stato deciso che gli stati europei possono chiedere fino al 2% del PIL, per l’Italia 37 miliardi, di finanziamento dal MES senza condizioni particolari – quelle di austerity di cui sopra – l’unica cosa è che la spesa deve essere esclusivamente per la sanità o per progetti connessi alle questioni sanitarie e questo finanziamento si eroga nella fase della crisi pandemica. C’è però un nodo fondamentale sul dopo, cioè se uno stato prende il prestito, mettiamo che l’Italia chieda i 37 miliardi per spese sanitarie, dopo la fine della pandemia come dovrà restiturli?

Su questo non c’è chiarezza perché l’Olanda dice una cosa ad esempio molto diversa de quello che dice il ministro Gualtieri.

E chi decide da quale parte pendere?

Il MES è un organismo sovranazionale governato dai Ministri delle Finanze quindi di fatto sono I Ministri delle Finanze dell’area Euro a definire le scelte che devono essere fatte, credo che correttamente il governo italiano prima di scegliere qualsiasi forma di finanziamento dal MES debba prima capire quali sono le regole a lungo termine.

 

E invece cosa sono i coronabond?

L’altra opzione è completamente diversa. Non è finalizzata ad una spesa specifica di natura sanitaria. Si tratta di soldi che i paesi europei complessivamente ritengono di aver bisogno per rilanciare l’economia. È inutile definirlo ancora coronabond ma anche eurobond perché si sta aprendo un’opzione anche dal punto di vista della scelta nominale molto chiara, si chiamerà Recovery Fund, cioè un fondo per la ricostruzione e il rilancio dell’economia. Questo fondo potrebbe avere delle dimensioni molto consistenti. Si ipotizza, e lo ha detto la Von Der Leyen in questi giorni, una cifra tra i 2000 e i 3000 miliardi di euro, paragonabile a quella che è stata messa in campo dal Congresso degli Stati Uniti per l’America. Ricordiamo che dal punto di vista dimensionale degli abitanti gli e l’Europa e gli Stati Uniti sono molto simili e così il volume economico, quindi se gli Stati Uniti hanno messo in campo 2200 miliardi è ragionevole pensare che l’Europa abbia bisogno di un fondo tra i 2000 e i 3000 miliardi.

Il nodo secondo me non è come verranno finanziati, è evidente che dovranno essere emessi dei titoli obbligazionari, che sarà un’emissione europea non potrà essere nazionale. Che poi venga fatto dalla BCE o dalla BEI (Banca Europea degli Investimenti), sono particolari tecnici : la BCE con lo statuto di adesso non potrebbe farlo quindi bisognerebbe modificare lo statuto della BCE per emettere delle obbligazioni, al contrario la BCE può dare delle garanzie. La BEI, quindi, potrebbe emettere queste obbligazioni e avere la garanzia da parte della BCE.

Il nodo secondo me si presenterà su come devono essere spesi questi soldi perché la storia Europea sui finanziamenti per esempio dei fondi strutturali vede l‘Italia molto debole storicamente su questo piano. L’Italia ha gestito male i fondi strutturali UE e con profili, anche consistenti di illegalità e di truffa. Per il nostro paese ci potrebbe essere anche il commissariamento su queste spese con recovery fund.

Un altro nodo è come rilanciare l’Europa. Il Parlamento Europeo è intervenuto più volte che il rilancio dell’economia avvenga in una chiave nuova. Dando per scontato che alcuni di questi soldi purtroppo verranno buttati via per sostenere settori industriali di dubbia sostenibilità ambientale e di dubbia prospettiva economica, ad un esempio il trasporto aereo, che senza fondi pubblici fallirebbe dopo tre mesi di stop, la maggior parte di questo denaro potrebbe essere finalizzato al cosiddetto Green New Deal. Rilanciare l’economia per fare investimenti che abbiano una profilo ambientale e che permettano all’Europa di conseguire gli obiettivi ambiziosi che si è posta in termini di riduzione della CO2 meno 40% sul dato del 1990 entro il 2030 e decarbonizzazione entro il 2050. Se così sarà il rilancio economico potrebbe avere degli effetti molto positivi.

Dal punto di vista delle garanzie dei CoronaBond  o del Recovery Fund c’è ancora il timore di mettere il debito in comune da parte dei paesi europei?

Non credo. Salvo alcune posizioni palesemente ideologiche e di retroguardia non credo che in questo momento nemmeno a Berlino ci sia l’idea che non sia possibile ricorrere a questo strumento per la ricostruzione economica. Ma attenzione: che questo non significa che noi non finiremo sotto pressione per il debito pregresso. Perché dobbiamo ricordarci che tutta questa situazione si innesta su un pregresso molto pesante e il debito attuale con o senza strumenti, si stima che aumenterà dal 133% sul PIL al 140% o 150%. Quindi al di là del recovery Fund, a cui potremmo aderire, avremo comunque una pressione internazionale, che probabilmente rimarrà sopita fino a quando la BCE opererà con il quantitative easing e come calmiere sul mercato, ma poi starà all’Italia costruire le condizioni per fare in modo che quella situazione si possa recuperare in un arco temporale ragionevole 5,7,10 anni. Ovvero che si possa rimettere sotto controllo il fenomeno di crescita del debito a prescindere da quello riconducibile alla crisi della pandemia.

Qui il video dell’Intervista 

Cecilia Ferrara
CollettivoEmera

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