I numeri dicono che stiamo avvicinandoci ad una situazione epidemiologicamente accettabile e gestibile, adesso ha senso parlare di fase 2. Se siamo a questo punto si deve in buona parte alle misure di contenimento adottate e rispettate, pur nel caos infodemico che ha caratterizzato gli ultimi due mesi.
A partire dal 4 maggio alcune misure, alla luce dei dati e delle evidenze ad oggi disponibili, potrebbero essere allentate anche se c’è chi come Andrea Crisanti, l’uomo che ha gestito l’emergenza in Veneto, evitando il realizzarsi di una catastrofe come in Lombardia suggerisce che forse sarebbe preferibile una maggiore cautela.
Le misure che potrebbero essere allentate comportano un lieve innalzamento del livello di rischio, e dunque per bilanciare mantenendo basso il rischio di perdere nuovamente il controllo dell’epidemia di Covid19 si rende necessario attivare nuove contromisure, tra queste le APP per la tracciatura dei contatti e l’individuazione dei focolai.
Strategie per il contenimento e la gestione dell’epidemia
A differenza di un mese fa quando le scelte erano pressoché obbligate, adesso possiamo permetterci di valutare differenti strategie.
Per poter contenere e gestire il virus è necessaria la rapida identificazione e il monitoraggio dei casi e dei contatti e prevenire la successiva trasmissione da parte contatti esposti che dovranno essere identificati e messi in quarantena immediatamente dopo l’identificazione del caso con cui hanno avuto contatti. La nostra attuale capacità di salute pubblica di base non garantisce le risorse per poter assumere personale necessario a strategie di tracciatura manuale, come in Michigan dove sono state assunte 1000 persone come tracers.
App per tracing e tracking: il modello coreano
In Corea del Sud, insieme a una serie di altre misure, la tracciatura dei contatti è stata utilizzata con successo ed ha contribuito anche a una migliore comprensione dell’epidemiologia di COVID-19. Attraverso un sistema di tracciamento mirato, quando viene identificato un paziente infetto, i team di tracers utilizzano le loro cartelle cliniche, i dati sulle transazioni con carta di credito, telecamere a circuito chiuso, la posizione del telefono cellulare per tracciare i loro movimenti precedenti e trovare i loro contatti ed attivare le procedure per il contenimento dei contagi,
Una legge approvata dopo l’epidemia di MERS consente al governo sudcoreano, attraverso uno dei sistemi di tracciamento dei contatti più avanzati e complessi di accedere ai dati di telefonia mobile, dati di carte di credito.
Inoltre è alto Il livello di dettaglio fornito per ogni singolo caso COVID-19: cognome, sesso, anno di nascita, distretto di residenza, professione, storia di viaggio, contatto con casi noti, ospedale dove vengono curati.
Al momento in cui un contatto di un caso COVID19 è messo in quarantena a casa, dovrà scaricare un’altra app estremamente invasiva che avverte la polizia se si allontana da casa e sarà contattato da un team di monitoraggio due volte al giorno per verificare l’emergere dei sintomi. Chi, in quarantena, si allontana da casa rischia una multa di 8.000 dollari ad un anno di reclusione.
App e Privacy: le regole in Europa e Italia
Sebbene i metodi ad alto contenuto tecnologico utilizzati dalla Corea del Sud possono essere difficili da replicare in Italia ed in Europa. Si teme l’uso improprio di questi dati e il pericolo che continueranno ad essere utilizzati dopo l’immediata emergenza. Di conseguenza, le istituzioni europee, affermando che l’obiettivo delle app “non è seguire i movimenti delle persone o far rispettare le regole perché creerebbe rilevanti problemi di sicurezza e privacy”, hanno definito le regole per le app che si vorranno adottare nei paesi UE e nelle Regioni: anonimato e niente geolocalizzazione, utilizzo del bluetooth e volontarietà.
In Italia il Garante per la Privacy Antonello Soro, ha approvato questa linea con la speranza di una ” massiccia adesione volontaria dei cittadini che speriamo possano sopportare e supportare il sistema di tracciamento dei contatti, che ci servirà a capitalizzare l’esperienza della fase precedente ed evitare che il contagio si possa replicare”.
Nel rispetto di questi criteri la scelta del governo è caduta sulla app Immuni, qualcosa abbiamo letto nel corso dell’ultima settimana e certamente sappiamo che sarà ad installazione volontaria, ma di cui ancora poco si capisce in merito al modello di raccolta delle informazioni che potrebbe essere centralizzato con i dati criptati gestiti da un server centrale o, come preferibile, decentralizzato con i dati immagazzinati direttamente sui device degli utenti, gli smartphone.
Volontarietà
La reale efficacia dell’app dipende dal raggiungimento di quella soglia di penetrazione del 60% di popolazione indicata come massa critica dal Garante per la Privacy e dal Ministero per l’Innovazione Tecnologica.
Vista la totale volontarietà dell’installazione iil problema principale è proprio il raggiungimento di questa soglia. Serviranno probabilmente delle estese campagne di sensibilizzazione rivolte a tutti i cittadini, anche perché la app potrà essere utile per molti mesi nelle fasi di gestione del virus, ma potrebbe anche rivelarsi fondamentale per prevenire o contenere una seconda ondata.
Alcuni modelli elaborati a Singapore, dove è stata adottata una app con caratteristiche simili ad Immuni ipotizzano che se fosse installata e correttamente utilizzata dal 20% della popolazione la app registrerebbe solo il 4% dei contatti. Il risultato sarebbe un fallimento e costringerebbe il governo ad un cambio di strategia. O di app.
GPS e Bluetooth
Oltre ai dubbi sul raggiungimento della soglia di penetrazione c’è altro problema: senza la tracciatura GPS non è possibile una più ampia strategia per la raccolta e analisi di quanti più dati possibile dati per contenere la diffusione del virus.
Si sarebbe forse potuta implementare un’applicazione mobile in grado di acquisire contatti, registrare in autonomia i sintomi riportati (diario clinico che dovrebbe integrare, questo si, la app Immuni) e, con l’autorizzazione dell’utente, registrare e memorizzare la posizione dell’utente per scopi di tracciamento dei focolai ed ulteriore tracciamento dei contatti
I dati gps usati in forma aggregata, sono utili per disegnare una mappa dei contagi. Individuare i focolai, questo con il bluetooth non è possibile perché non legge e non registra la posizione dell’utente sulla mappa. Nella app Immuni sarebbe auspicabile una futura integrazione della tracciatura GPS, che potrebbe anch’essa essere volontaria, come la stesa app.
In Europa l’Islanda, oltre all’utilizzo di forza lavoro umana, ha recentemente lanciato C-19, un’app che per attraverso un accordo volontario con l’utente consente il tracciamento dei contatti ,la raccolta e la condivisione dei dati, tra cui la tracciatura GPS e altre informazioni sulla posizione dell’utente. L’installazione della app Immuni è volontaria e tecnicamente niente escluderebbe che un governo regionale o un sindaco adottasse una diversa soluzione tra le circa 100 app già disponibilirealizzate in altri paesi del mondo. Esplorando le più interessanti tra le soluzioni che si stanno sviluppando globalmente (circa un centinaio in tutto il mondo) una soluzione che, pur preservando tutte le condizioni richieste a tutela della privacy dei cittadini, potrebbe essere molto efficace è Private Kit: Safe Paths la app sviluppata al MIT di Boston, http://safepaths.mit.edu.
Private kit – è un modello di app che si presta ad’ essere utilizzato anche in futuro per altre ricerche epidemiologiche o, ad esempio, sulla mobilità. Il modello Private Kit garantisce la tutela della privacy attraverso un sistema decentralizzato in cui tutti i dati restano nella memoria dello smartphone, occupando pochissimo spazio, fino a quando l’utente decide di condividerli. Sul modello standard Private Kit il MIT ha sviluppato la app Safe Paths in cui l’utente, utilizzando volontariamente i sistemi GPS di tracciatura e localizzazione, potrà condividere i suoi dati (anche lo storico dei propri spostamenti) con l’autorità sanitaria di riferimento, sia essa nazionale, regionale o locale alle quali poi spetterà la ricostruzione degli incroci e dei contatti per intervenire il più tempestivamente possibile ed interrompere la catena dei possibili contagi. La app consente di condividere le proprie informazioni con un massimo di tre autorità sanitarie di riferimento. La app Private Kit: Safe Paths è molto intuitiva, già disponibile per Android e iOS, è possibile installarla gratuitamente e scegliere se utilizzare o no i sistemi di localizzazione GPS.
E’ difficile capire adesso se la app IMMUNI, made in Italy e con tanti interrogativi ancora aperti tra i quali anche quando sarà finalmente operativa, si rivelerà la scelta giusta o se invece non sarebbe stato più semplice rivolgersi a soluzioni già disponibili, con la possibilità di farsi volontariamente tracciare e con maggiori certezze in termini di privacy. Ma adesso la domanda forse più importante è quale potrà essere in Italia la percentuale di penetrazione della app?
Tommaso Pucci
PhD in Telematica e Società dell’Informazione
Consulente Risk Management
tutti in orgasmo di farsi “chippare” ……non ci sto